La programmazione dichiarativa come sistema di intelligenza artificiale

Luigi Poderico
3 min readApr 28, 2019
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Sull'intelligenza artificiale si è creato un grosso equivoco, che vale la pena risolvere.

Senza voler essere formali, l’accezione comune di intelligenza artificiale è usata per identificare un sistema informatico basato su reti neurali usato per risolvere problemi di difficile formalizzazione. Ad esempio, le auto a guida autonoma, i sistemi di traduzione in tempo reale, la previsione dei prezzi dell’energia.

Per difficile formalizzazione intendo un concetto molto sottile. Scrivere un algoritmo che sia in grado di riconoscere l’immagine di un gattino è molto difficile se non impossibile. Mentre, in maniera paradossale, è più semplice scrivere un algoritmo che impari a riconoscere gattini perché è stato addestrato con le immagini di mille diversi gattini.

Cablare ed addestrare una rete neurale che riconosca gattini è un esempio di meta-programmazione, proprio perché non si scrive un algoritmo che calcoli il risultato atteso, ma un sistema che apprenda ed approssimi le relazioni esistenti tra input ed output, tra un’immagine e il riconoscimento di un gattino. L’apprendimento è guidato dall'osservazione di un numero congruo di esempi di relazioni input -> output.

Ci sono molti problemi reali che si risolvono bene con il paradigma delle reti neurali. Ma ce ne sono altri che si risolvono meglio con altri tipi di approcci basati sulla meta-programmazione.

Uno di questi è la programmazione dichiarativa.

Nella programmazione dichiarativa, come per le reti neurali, non si codifica un algoritmo specifico per la risoluzione di un problema a causa della complessità elevata della relazione tra input e output. Risulta invece più semplice ed efficace fornire una serie di regole che modellano la struttura del problema da risolvere. Queste regole dichiarano l’esistenza di vincoli ai quali devono sottostare un qualunque output che sia in relazione con un qualunque input. L’insieme di tutte le dichiarazioni che modellano un problema formano un programma dichiarativo, che viene elaborato da un risolutore general-purpose per calcolare gli output associati ad un input.

Un esempio a me caro di programma dichiarativo è il modello di asta implicita che viene utilizzato tutti i giorni per la determinazione del prezzo all'ingrosso dell’energia elettrica. Un altro esempio molto più comune è l’identificazione del percorso migliore per andare in una via specifica.

Capire quali offerte di acquisto e vendita di energia elettrica possano essere soddisfatte, determinando così il valore e le quantità scambiate, è sicuramente il risultato che ci si attende da un sistema di intelligenza artificiale. Così come determinare il percorso migliore da usare per viaggiare in auto tra due punti qualunque della rete stradale.

L’equivoco a cui faccio riferimento all'inizio dell’articolo, si basa sul fatto che si debbano usare sempre e solo reti neurali per scrivere sistemi di intelligenza artificiale. La programmazione dichiarativa può e deve essere usata dove funziona meglio delle reti neurali.

Conosco almeno tre tipi di programmazione dichiarativa:

  • la programmazione logica, dove i vincoli sono clausole logiche al primo ordine. Esempio famoso è fornito dal linguaggio Prolog.
  • la programmazione per vincoli, dove i vincoli limitano il valore che alcune variabili possono assumere contemporaneamente. Se avete presente le regole che definiscono il gioco del sudoku allora sapete di cosa sto parlando.
  • la programmazione lineare, con tutte le sue varianti, dove i vincoli sono espressi come relazioni lineare tra le variabili del problema e da una funzione obiettivo da massimizzare.

Come scogliere quindi l’equivoco? Imparando ad usare lo strumento migliore in funzione del problema da risolvere.

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Luigi Poderico

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