Le clienti delle otto di sera
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Guardando i colori dell’autunno appare evidente quanto la natura ci tenga ad apparire bella. E se ci tiene la natura, perché non dovrebbe tenerci l’uomo? Specialmente nel periodo della vita, come un autunno, in cui ci si allontana progressivamente dalla giovinezza.
Forse possiamo anche pensare che la bellezza di un corpo sia la proposizione della vita stessa. Non c’è vita senza bellezza. Non meraviglia quindi constatare che uomini e donne curino la propria bellezza, molto più anche delle proprie emozioni e dei propri sentimenti.
Senza considerare che potrebbe esserci qualcosa da rimborsare, come un corso d’acqua da curare per evitare che esca dall’alveo alla prima pioggia. La cura del corpo è, a volte, esasperata. Quasi a voler rivendicare la proprietà esclusiva del tempio mortale, dove lo spirito è custodito durante il tragitto compiuto nel mondo.
Alla cura della bellezza del corpo sono dedicati dei templi moderni: i centri estetici. Il cui unico obiettivo è l’esaltazione di un modello di bellezza, così come definito per convenzione dalla società. La bellezza come riflesso di un’accettazione sociale.
Il centro estetico Beauty Medi è uno di questi templi. Si trova nel cuore del quartiere Avchala, a nord di Tbilisi, capitale della Georgia. Da molti è considerato il migliore della nazione. Non è uno di quelli dove si praticano massaggi che prevedono la versione romantica. Si esalta invece la ricerca di un canone estetico. Il motto è “se non ottieni quello che vuoi, smetti di inventare scuse”. Non si contano i compleanni ma i centimetri in punti precisi. La tecnologia più avanzata è utilizzata per rimodellare le forme, togliere i peli ovunque questi spuntino, mantenere la pelle sempre abbronzata, contrastare i segni del tempo che passa.
Il personale è molto preparato e sa usare con cognizione di causa i macchinari e le tecnologie a disposizione. Una cosa che non accade mai è sentire il personale del centro aprire una parentesi per sparlare di un cliente, dei suoi chili di troppo o dei suoi peli da scimmia. La clientela tipica del centro è composta da donne. Giovani e belle. Talmente belle che il dubbio che sorge è: se sono belle anche fuori da questo tempio, che necessità hanno ad entrare?
Le titolari del centro sono due: Rusa e Mari. E il Beauty Medi rappresenta la realizzazione di una ambizione comune: migliorare la vita degli altri aiutando a migliorarne l’aspetto esteriore. Un vero mantra che le due donne hanno trasformato in processi da migliorare e istruzioni da seguire.
Rusa e Mari hanno storie diverse ed entrambi provengono da settori lontani dalla cura del corpo. Come accade a molti, hanno attraversato un periodo di grande confusione. Di totale anarchia di obiettivi. E come accade a molti, hanno deciso di risolvere lo stallo dando una grande scossa alle loro vite.
Si sono incontrate per caso in un viaggio in treno, vicine di posto. Le affinità di vedute sul mondo ed interessi comuni le hanno portate dolcemente ad immaginare una collaborazione. Il Beauty Medi è la concretizzazione dei loro sogni. Ora lavorano attivamente al loro progetto, indossando con classe ed eleganza il camice professionale. Ripartiscono il loro tempo tra formazione, casi specifici e gestione amministrativa. La concretezza le contraddistingue.
Rusa è il tipo di persona a cui non piace perdere tempo compiacendosi di cosa ha e rimpiangendo quello che non ha. Da quando ha aperto il Beauty Medi, ha deciso di spendere il tempo, il suo tempo, solo su quello che può realizzare. Trentacinque anni, capelli neri e lisci, occhi neri e grandi da catturare ogni altro sguardo.
Abita in un rustico in aperta campagna, con una grande porta di accesso in legno massello, a doppio battente, arco cieco sulla parte superiore, due grossi anelli di ferro come maniglie. Le pareti sono di grandi pietre a vista, cementate con la malta da almeno due secoli. La visione della valle ricarica lo spirito di Rusa nei momenti più duri o di stress. Un vecchio carro di legno è parcheggiato in un angolo del grande cortile, lasciato dal vecchio proprietario. Tre cani, due bianchi ed un altro nero, le fanno compagnia e la guardia.
Nelle fredde giornate d’inverno, ama passeggiare nella neve bianca ed organizza braciate e falò. C’è tanto da ridere in queste feste al freddo. L’idea di coltivare la bellezza negli altri è forse nata in una di queste giornate, di fianco la porta di ingresso della chiesa sconsacrata.
Anche Mari ha la sua personale visione del tempo. Il passato è andato e non rimborsabile. Il futuro è una preziosa risorsa da investire. Ogni singolo momento del presente ha il peso della migliore decisione da prendere su come investire il tempo futuro.
Mari è un medico pediatra. Ha scelto di fare il medico guidata dalla compassione verso il prossimo. Esercita la sua professione nella nuova clinica pediatrica di Tbilisi, ed è circondato da splendidi colleghi. Proprio guardando al tempo futuro da investire, ha deciso di cambiare la prospettiva con cui guarda le mani dei suoi piccoli pazienti.
Ha deciso di aiutare in modo diverso gli altri, gli adulti, fondando il Beuaty Medi. È proprio Mari che detiene il ruolo di insegnante, con vere e proprie lezioni ad aspiranti estetiste. La sua esperienza di medico ospedaliero rende le sue lezioni speciali ed interessanti, perché riesce a mantenere umani argomenti che, altrimenti, rimarrebbero solo sintetici. Mari ha lunghi capelli castani ed il portamento di chi sa cosa vuole dalla vita. Ha da poco compiuto 41 anni ed è innamorata di suo marito.
In poco meno di un anno, Rusa e Mari resero il Beauty Medi così grande da separarlo di netto dalla massa dei concorrenti. Fecero tutto senza imbottire di false promesse chi andava da loro per un problema. Senza mai affrettare la risoluzione di un qualunque quesito. E finora, forse senza neanche capire bene il quadro che stavano disegnando, hanno fatto un ottimo lavoro, realizzando un vero capolavoro. Tutto questo senza polarizzare la clientela su un genere specifico.
Il rito del caffè mattutino è occasione di crescita per le due donne. Analizzavano l’autunno umano foglia per foglia. Ramo per ramo. La semina di buone intenzioni si rinnova ogni mattina, coscienti del fatto che stanno lavorando per attivare un ciclo positivo: più belle persone ci sono e più ce ne saranno. Senza convertire, ma semplicemente dando il buon esempio.
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Addetto alle pulizie del Beuty Medi è Daniel Fytron. Turco di vent’anni. In Georgia per imparare la vita dalla vita. Lontano da casa quanto basta per trovare un mondo nuovo. Per praticare le arti marziali che tanto ama e che tanto stanno contribuendo a realizzare la sua via. Spesso si sente ancora un pesce fuor d’acqua, quando non comprende le abitudini ed i costumi del posto, ma l’impegno e l’intelligenza lo aiutano a mantenere il passo in una nuova cultura.
Arriva al centro alle otto di sera per iniziare il suo lavoro: mantenere puliti tutti i locali della struttura. Qualche volta, il fatto di occuparsi di pulizie crea indignazione tra i parenti ed amici in Turchia. E stupore anche in Georgia, tra i frequentatori del Beauty Medi. Ma questa situazione non infastidisce Daniel. Anzi, lo aiuta a dissimulare le sue vere intenzioni. Daniel vuole capire nel profondo come attivare la giusta mentalità per vivere una vita ricca di soddisfazioni. Daniel vuole piantare il giusto seme nel terreno fertile dei suoi vent’anni.
La divisa da lavoro è una maglietta bianca Supreme e dei jeans Levis. Sempre. Maglietta e jeans formano un’unità, con cui misurare la distanza dalla routine. Le arti marziali hanno dato a Daniel un grande insegnamento. Se l’avventura è pericolosa la routine è mortale. Adagiarsi nella routine equivale ad essere morti da vivi. Non c’è un nuovo mare da navigare ed un nuovo porto a cui attraccare. Adagiarsi nella routine vuol dire vedere le lancette dell’orologio muoversi sempre attorno allo stesso identico punto.
È proprio cercando l’avventura che Daniel è approdato in Georgia, per voltare un’importante pagina del suo libro. E ha scelto un lavoro monotono e ripetitivo, come fare le pulizie in un centro estetico, per sviluppare il senso di guardia contro la routine. Questo lavoro sarà la sua palestra per affinare il senso dell’avventura. Questo lavoro sarà il suo personale mentore contro la routine a favore di una crescita spirituale e materiale.
Il futuro è tutto da scrivere, da progettare, da riempire di desideri. La vita ci ha dato la penna migliore per scrivere pagine memorabili. Daniel ha deciso di usarla al meglio. Un centro estetico, anzi il Beauty Medi, da l’opportunità di incontrare e conoscere tante persone diverse, tutte con un qualche problema.
In pochi giorni Daniel capisce che la sua avventura sarebbe stata quella di correggere il punto di vista dei clienti del centro, aiutando gli altri a trasformare un problema in un progetto. Proprio come Magritte quando scrive “Ceci n’est pas une pipe”, un problema è tale fin quando non si trasforma in un progetto.
Idealmente, Daniel avrebbe posto una corona sul capo di ogni avventore del centro. Una corona che avrebbe stimolato il pensiero positivo, creativo. Per creare un futuro positivo. Per spingere all’avventura e all’azione. Quella vera e non di facciata. Per insegnare a riconoscere nuove prospettive per la stessa realtà.
In tutto questo, pensa Daniel, non è un caso che i clienti del centro fossero in maggioranza femminili. L’essenza della creatività è sempre stata femminile. E quanto è strano, pensa ancora, che sia lui, maschio, a capire la potenzialità del femminile. Ora Daniel inizia ad avere qualcosa di concreto su cui lavorare.
Ogni persona condivide con gli altri individui due cose: nascere e morire. Nascere sancisce il punto di partenza di un grande progetto, che è la vita. La morte forse un punto di discontinuità. Daniel sa bene che sarebbe morto facendo qualcosa. Lasciando dei problemi non ancora risolti e dei progetti non ancora terminati. Per questo ha deciso che nella sua bara avrebbe portato solo problemi e progetti che ama e in cui crede.
Da bambino aveva nella sua camera un poster di Darth Vader. Il poster gli ricordava ogni giorno di stare lontano dalla facile tentazione verso, diciamo così, il lato oscuro della vita. Immaginava il Giorno del Giudizio, quando avrebbe sentito la voce di Dio gelare il sangue. Quando ogni legame con il mondo reale si sarebbe spaccato. Ora, nei suoi vent’anni, valuta con occhi diversi i miti dell’infanzia. È cosciente del fatto che la Realtà ha tante interpretazioni. Tutte rispettabili e nessuna più vera o importante di un’altra.
Sono quasi le otto di sera. È ora di iniziare il lavoro al Beauty Medi. A quell’ora di sera, nel centro, rimaneva sempre l’ultima cliente in attesa del suo turno, anche se le otto è l’orario ufficiale di chiusura. In teoria sarebbe dovuto essere completamente vuoto, per dare spazio libero alle pulizie. Nella pratica c’era sempre qualcuna in sala d’attesa. Sempre donne, aveva notato.
Intorno a questa situazione costante e ripetitiva, Daniel decide di costruire un suo personale metodo di analisi della realtà. Avrebbe messo in evidenza i problemi degli ultimi avventori, aiutando a trasformarli in progetti. Per somiglianza con le arti marziali, avrebbe fatto leva sui problemi degli altri per attuare i suoi progetti.
Dalle arti marziali sapeva anche che credere di aver ragione non voleva assolutamente dire di averla, la ragione. Fece quindi un patto con se stesso. Si sarebbe messo sempre in discussione. Avrebbe sempre considerato il caso peggiore. Non voleva avere nessuna sicurezza o aiuto esterno. Daniel avrebbe messo in discussione il suo punto di vista. Ogni volta. Per ogni singola persona. Per ogni singolo problema. Per ogni specifico progetto.
Le idee sono tante, sempre in continua vegetazione. L’obiettivo finale è altissimo. Straordinario. I risultati attesi sopra la media. Per il momento, Daniel, non vuole essere magnanimo con se stesso. Vuole essere il motore della trasformazione, in meglio, degli altri. Di conseguenza, si attende di vedere risultati strabilianti. Smisurati. Daniel è generoso. In cambio del suo aiuto non vuole chiedere niente. Vuole solo fare esperienza. Ed aiutarsi aiutando gli altri. Un blocco alla volta, proprio come grandi edifici.
Il principale problema è stato trasformato in un progetto. Un progetto che avrebbe dato principio ad un nuovo modo di vedere il mondo. E quindi, ad un nuovo mondo. Basato questo sulla coscienza del fatto che solo quello che si fa nel presente può determinare come sarà il futuro. La giornata lavorativa sta volgendo al termine. E la fame è parzialmente placata dall’idea di trovare un piatto di pastasciutta a casa.
3
La serata è calda e umida. Centinaia di farfalle colorate volano come in una caotica danza. Daniel si riempie gli occhi di questo spettacolo della natura, prima di iniziare il suo turno di lavoro. Salendo le scale verso il secondo piano, compone il suo personale elogio alla bellezza delle cose semplici. È grato per lo spettacolo appena visto, sicuro preludio di una buona serata al Beauty Medi. Saluta con cordialità Rusa e Mari, come un timbro che annulla il francobollo su una cartolina. Indossa il camice e inizia a pulire la libreria a disposizione del pubblico nella sala d’attesa.
Dalla porta d’ingresso, alle sue spalle, entra una cliente dall’aria evidentemente trafelata. Una corrispondenza perfetta con i piani di Daniel. Il modo migliore per praticare spiritualità ed autocontrollo, regali delle arti marziali. Il giovane si gira per un saluto educato e formale, per scoprire Ani. Capelli lunghi, neri e lisci. Occhi castani grandi ed espressivi. Viso allungato e labbra carnose. Per quale motivo una ragazza così bella aveva bisogno di un centro estetico e quali problemi portava con lei quella sera?
Il paradosso è solo apparente. Sono i belli che hanno bisogno di un centro di bellezza, così come i ricchi hanno bisogno delle banche. Il salto logico è semplice: la bellezza va curata e i centri estetici aiutano in questo. Ani si presenta con una tenuta sportiva. Jeans blu, maglietta e berretto nero. Una giacca a vento legata alla vita.
Il cicalino della porta d’ingresso, suonando, attira l’attenzione di Rusa, che viene ad accogliere la cliente. Le dà il benvenuto e la invita ad attendere dieci minuti: il tempo necessario per approntare l’ambulatorio. Ani saluta, dà un cenno di assenso e siede con la schiena diritta. Come se avesse un asse sul retro lungo il quale allineare ogni vertebra della spina dorsale.
Asse fortemente piantato nel presente e che non le permette di spostare la sua immaginazione verso il futuro. Un’asse così piantato nel presente che non le permette neanche di essere grata della saggezza che deriva dal passato. Lo stesso asse che la obbliga a far partire sempre nuovi progetti, senza portarne a compimento nessuno.
La gioventù di Ani si sta concludendo da spettatrice. Così come ora aspetta seduta sulla poltroncina della sala d’attesa, volgendo uno sguardo annoiato ora verso Daniel, ora alla libreria, allo stesso modo guarda annoiata la vita di altre persone.
Ogni volta che trova un buon motivo per alzarsi dalla poltrona e salire sul palco della sua vita, dopo pochi tormentati passi torna a sedersi. Ogni volta che torna indietro, mette in attesa un progetto, un’attività, un’idea. Il domani, come sarà fatto, dipende da quello che decide di fare oggi. In ogni oggi della tua vita.
Ani ha bisogno di aiuto e Daniel è pronto ad aiutarla. La necessità di benessere, motivo principale per cui Ani frequenta il Beauty Medi, sarebbe stato il cardine su cui Daniel avrebbe fatto leva per ricostruire la nuova identità della giovane. Daniel avrebbe aiutato Ani a trovare qualcosa di straordinario da raggiungere. Un buon motivo per staccarsi definitivamente dalla poltrona di spettatore e diventare protagonista del suo spettacolo.
Mentre aspetta il suo turno, Ani ne approfitta per fare una telefonata. Organizza con qualcuno, dall’altro capo dell’onda, una festa di compleanno. Subito risulta evidente l’uso morboso del «Forse». Alle proposte che arrivano dall’interlocutore, Ani sa rispondere solo con un «forse». Eppure, il festeggiato lo conosce molto bene: è suo marito.
Daniel immagina, allora, che alla stessa maniera Ani risponde con un «Forse» anche alle opportunità ed occasioni che la vita le grida da parecchio tempo. Ani si cela dietro il dubbio della saggezza. In realtà non vuole assumersi le responsabilità delle decisioni. Quelle piccole come quelle importanti. Il dubbio è la ragione prima che tiene incollata Ani alla sua poltrona.
Il dubbio l’avrebbe frenata anche con il diavolo tentatore: la sua anima per l’eterna giovinezza. Il dubbio l’avrebbe frenata anche se rassicurata dalla protezione del suo angelo custode. Nel suo parlare, però, Daniel percepisce una vena poetica. Una sensibilità quasi ellenista. Una breccia da aprire. Un varco dal quale liberare la donna.
Perché non provare con la musica? Non è forse anche la musica una forma di poesia? Daniel sente dal suo intimo un forte suggerimento: allestire una playlist di poche canzoni che avrebbero fatto da sottofondo durante l’attesa di Ani. Il suo istinto gli suggerisce alcuni brani che avrebbero suscitato in Ani un senso di rabbia verso i progetti iniziati e mai finiti. Avrebbero suscitato un senso di disagio per le attività non opportune.
Avrebbero incollato Ani non più ad una poltrona di teatro, ma al sedile di una macchina da corsa in lotta per il primo posto. La musica avrebbe scacciato il demone della procrastinazione dalla vita di Ani, facendole ritrovare l’importanza di buoni e semplici principi.
Passati i primi due brani, qualcosa sembra essersi lacerato. Riprese il telefono, per organizzare la festa di compleanno di suo marito. Anche il menù fu dettato con una semplicità tale da sembrare letto da una lista già pronta. La vita di Ani si è aperta ad un nuovo disegno. Più chiaro e netto. Con qualche sfumato, ma solo quelli giusti. Mentre l’attesa continua e la musica ancora passa.
Spesso dal mucchio viene fuori qualcosa di buono. Un po’ come la pizza cachi, gorgonzola e noci. Il risultato arriva da dove non te lo aspetti. Ani finalmente entra nell’ambulatorio, dove la trasformazione avviata da Daniel diventerà anche esteriore, oltre che interiore.
La musica per fortuna non conosce asilo. Si sente anche nell’ambulatorio, tracciando un percorso di nuove abitudini. La calma aiuta a pensare chiaramente. Non al denaro, non all’amore, né al cielo. La nuova vita ed un nuovo mondo.
Il Beauty Medi è appena diventato l’officina personale di Daniel, dove poter costruire e cogliere tutte le opportunità di svolta. Il Beauty Medi è appena diventato il fusto di una giovane quercia. Il posto dove, con eleganza e classe, Daniel avrebbe aiutato a trasformare i problemi in progetti. Può ora tornare a casa soddisfatto del suo primo tentativo.
4
Anche questa sera si respira una bell’aria a Tbilisi. Nel tragitto da casa a lavoro, Daniel cerca ispirazione guardandosi attorno. Con sguardo da bambino guarda stupito tutto ciò che lo circonda. Forse lo stesso sguardo lo riconosce negli occhi di Rebeka, quando insieme varcano la porta di ingresso del Beauty Medi. Quello sguardo avrebbe tenuto prigioniero il pensiero di Daniel per i prossimi minuti. Rebeka è la cliente delle otto: l’ultima della giornata.
Gestisce un ristorante con suo marito, del quale è molto innamorata. Ha da poco avuto una bambina che ama con tutta se stessa. La gravidanza le ha lasciato qualche chilo di troppo, proprio come l’alba lascia la rugiada sull’erba. Questa sera è venuta al centro per essere aiutata. Per ritrovare la forma fisica in cui si riconosce. Nella sua vita ha sempre cercato di adattarsi alle circostanze: il suo più grande problema. Questa volta vuole provare ad adattare le circostanze alla sua vita. Daniel questa sera ha il compito di farle capire che dovrà lasciar morire qualcosa per far nascere qualcos’altro di più bello.
Mentre Daniel inizia a prepararsi per il suo lavoro al centro, Mari fa accomodare Rebeka, chiedendo di aspettare pochi minuti. Per rompere la noia dell’attesa, Mari offre una tisana calda, di colore verde scuro e a base di erbe di bosco. Rebeka si mette comoda, sbottonando i quattro bottoni del suo cardigan e ricomponendo i capelli in una coda. Sorseggia la tisana molto lentamente, cercando in ogni sorso una nota distintiva, che altrimenti si sarebbe confusa nel volume della tazza. Daniel inizia le sue pulizie dalla libreria, facendo in modo di mettere in evidenza alcuni libri.
Rebeka è assorta nei suoi pensieri. Vuole perdere i chili in eccesso, che da troppo tempo le stanno facendo compagnia. Li vuole assolvere. Si vuole assolvere. Vuole tornare in pace con se stessa. Ha un’immagine di se stessa che vuol far diventare realtà. Non solo per stupire gli altri, ma soprattutto per stupire se stessa.
Sorseggia la tisana, immagina di poter cesellare il suo corpo, con un motivo floreale che possa circondarla. Da come Rebeka maneggiava la tazza della tisana; da come sorseggiava; da come rimaneva seduta. Da questi dettagli Daniel capisce che la donna ha la propensione ad adattarsi alla realtà. Mentre in realtà ha tutte le capacità per adattare la realtà al suo essere.
Il tempo e lo spazio formano una griglia e Daniel sa di dover usare al meglio la porzione di tempo e spazio che sta condividendo con Rebeka. Con molta attenzione, fa in modo che un libro attiri l’attenzione dell’unica persona in sala d’attesa. La copertina del volume riporta «Supera ciò che non ti serve più». Una vera rottura per gli schemi di pensiero di Rebeka. La differenza tra ciò che vorrebbe essere e ciò che è, sta esattamente in quello che fa. Un concetto ruvido, ma molto efficace: per diventare una nuova persona deve smettere di fare alcune cose per iniziare a farne delle altre.
Rebeka è nata per distinguersi: perché continua a volersi confondere? Perché continua ad adeguarsi ad un modello di esistere ad un mondo che non esiste? È oggi forse il giorno in cui capisce il suo unico perché? Daniel coglie l’occasione per commentare la curiosità di Rebeka: «L’ho letto. È un libro che fa star bene. Che risolleva il morale.» Che cambia il mondo, pensò lei.
La copertina riportava uno strano disegno. Bianco e nero. Un grande occhio con i riflessi di sedici corone disposte in cerchio. Sulla prima pagina una dedica. Una dimostrazione di stima ed affatto. Cosa c’è di male nel leggere un libro? Niente. Solo la possibilità di trovare la propria via. Avrebbe in questo modo insultato qualcuno? Forse avrebbe solo amato diversamente le persone che ama. Forse avrebbe solo sviluppato la capacità di amare meglio. Sicuramente avrebbe imparato qualche lezione e corretto qualche errore.
Sfoglia qualche pagina a caso per rimanere stupita, trovando un riflesso del proprio essere. Quel libro le sembra unico. Originale. Potente al punto da innescare un cambiamento. In quel libro è riflesso l’intero universo. In Rebeka è riflesso l’intero universo. Un disegno multi colore inizia a rappresentarsi nella mente, che poteva riflettersi in un nuovo mondo.
La paura di cambiare inizia a farsi sentire. Dopo poco, quasi auto-alimentandosi, inizia a galoppare. Più Rebeka vuole muoversi verso il nuovo mondo e più la paura la tiene legata al vecchio mondo. La tensione è tale da essere percepita da Daniel. Lui sa cosa fare. Sa cosa suggerire a Rebeka. Deve mimetizzarsi. Travestirsi. Da arlecchino o finanziere. Una qualunque maschera che la renda invisibile alla paura.
Con un gesto quasi scenico e plateale, Daniele aggiusta il camice da lavoro: quella che è la sua maschera. Il gesto attira l’attenzione. La mente creativa di Rebeka lo percepisce. Lo intuisce e poi lo elabora. La persona che vuole diventare, con l’aiuto del Beauty Medi, sarebbe stata la sua maschera. Poteva così guardare in faccia la sua paura senza esserne condizionata.
L’avrebbe prima capita e poi controllata, per farla agire a suo favore. La paura sta così diventando una bussola, indicando le zone da esplorare. Gli “io” da lasciare indietro lungo il cammino. La personalità da sviluppare.
Rebeka si alza per guardarsi allo specchio. Nel riflesso vuole vedere per l’ultima volta il suo vecchio io. Non vuole più vivere una vita arrangiata da qualcun altro. Trova piacevole pensare di iniziare ad avere del tempo solo per lei. Dove lei, Rebeka, è il centro dell’universo. Dove non deve spiegare o giustificare.
La sessione al Beauty Medi doveva avere, oggi, un unico scopo: scacciare i fantasmi della paura. Per aprire definitivamente gli occhi e guardare la sua realtà. La vita è un gioco fornito senza istruzioni. Uscendo dal centro, Rebeka è cava. Vuota. Libera di definirsi.
A casa sta per tornare una nuova persona. Un nuovo istituto. Delle nuove regole che prendono il posto di vecchie tradizioni. Al Beauty Medi si sono formati nuovi anticorpi per vecchie malattie. Il mondo ha ora nuove forme da sperimentare ed una nuova donna a disegnarle.
5
Il Beauty Medi ha la capacità di ispirare il mondo al cambiamento. Che parte dalla forma fisica, l’esteriore, per arrivare alla forma psichica, l’interiore. Attira per questo chiunque voglia cambiare, come se cartelli gialli fossero sparsi per tutta la città. Daniel segue anche lui i cartelli gialli, camminando a piedi lungo la strada del centro città.
Andatura tranquilla. Sorriso allegro sul viso. Una fetta di cielo nei suoi occhi. Si prepara per il lavoro di pulizia. Oggi è il turno della macchina ad ozono, per una pulizia e disinfezione profonda. Come per togliere via la paura. La paura che sta frenando Mariam: l’ultima cliente di oggi.
Giacca e pantaloni neri. Camicia bianca. Conosce molto bene i divanetti color crema della sala d’attesa. Si guarda allo specchio per non cedere alla paura e lenirla con una lacrima che le appanna la vista. Questa sera è intenzionata a provare qualcosa di nuovo. Cambiare una vecchia abitudine in favore di una nuova. Cambiare le essenze dei colori della vita. Mariam, questa sera, decide di coltivare qualcosa di nuovo ed importante. Questa sera decide di piantare il seme del miglioramento continuo.
Mariam è giovane. È bella come solo la gioventù sa esserlo. Ha tutto il tempo che serve per scacciare definitivamente la sua paura. Daniel ormai lo conosciamo: intuisce la situazione di Mariam. Decide quindi di attirare l’attenzione della ragazza su una serie di biglietti. Sette semplici strade per la trasformazione personale. Curare le abitudini giornaliere. Curare la salute. Curare l’impegno. Riconoscere le proprie debolezze. Curare le relazioni con gli altri. Onestà con le proprie intenzioni. Onestà con se stesso. Sette semplici strade che formano un potente acido dove sciogliere la paura. Senza la necessità di presunti super poteri o di eroi immaginari.
Mariam legge le sette semplici strade. Poi si riguarda allo specchio e si ritrova diversa. Immagina di vedersi ridisegnata. Pennellata dopo pennellata. Colore dopo colore. Trasforma un disegno appena abbozzato in un’opera d’arte. Mariam fino a quel momento si era posta in isolamento, perché convinta che sconfitte e vittorie l’avrebbero definita. Guardando Daniel con la macchina dell’ozono ha finalmente capito che quel che conta sono le azioni, le decisioni, l’impegno. Questa rivelazione la eccitava. Avrebbe voluto raccontare tutto al telegiornale della sera.
Lì, davanti allo specchio, si sente leggera come una piuma e consapevole che ha piantato solo un seme in un terreno fertile. Ora quel seme va accudito e poi la piantina va seguita. Curata. Tutti i giorni. Per farla crescere. Per migliorarla. Per fare in modo che posso svettare tra le più alte e belle.
Mariam capisce di essere allo stesso tempo seme e madre. Lei è il seme. Lei è anche la madre del seme. Una semplice idea, questa. Ma una forte metafora per un importante cambiamento. Non è forse vero che i grandi progetti nascono da pochi schizzi a matita su un foglio di carta?
Daniel continua il suo lavoro, consapevole della nuova luce negli occhi di Mariam. Un piccolo ragno si muove sulla mensola della libreria. Con dolcezza, lo prende per portarlo fuori dalla finestra. Mariam si sente proprio come quel ragnetto. Ha la netta sensazione di essere stata presa da un posto e depositata in un altro. Ha paura delle conseguenze. Sente come stringersi il collo. Un laccio teso e tirato da parte a parte. Torna a sedersi sul divanetto.
Si chiede: è giusto quello che sto facendo? Sono in grado di rispondere da sola al bando sempre aperto, che oggi ho trovato riflesso in uno specchio? Ho sempre vissuto sul fondo del mare della vita. Lontana dalla luce. Dall’aria. Dalle onde. Dai pesci colorati, le navi, gli uccelli. In fondo, sul fondo, mi trovo bene. Riuscirò a migliorare? A risalire, metro dopo metro? A nuotare a pelo d’acqua? A fare oggi tutto quello che ha senso fare oggi? Sono forse vittima dell’orgoglio? Della convinzione di passarla impunita? Di riuscire a fare tutto quello che voglio, senza che un’autorità superiore mi fermi? Perché sto aspettando il permesso di qualcuno per iniziare a volare? Perché mi lascio sedurre da fuggenti momenti di piacere, quando posso gioire di un processo conscio di crescita e sviluppo?
Mentre Daniel mette fuori il ragno, gli chiede ma chiede a Mariam: “Non crederai mica che troverai la tua felicità stando a casa, senza incontrare i tuoi amici ragni, ignorando ogni loro messaggio, facendoti così solo del male?” Mariam, in quelle parole, riconosce uno schema. Il suo schema. Alla fine, cosa costa fare anche solo una prova. Un esperimento, per capire se effettivamente riesce a migliorare anche un suo solo aspetto negativo. Avrebbe così stimolato l’auto-consapevolezza. Esercizio, questo della consapevolezza, che ha già iniziato a svolgere. E che si impegna a svolgere per 101 giorni di seguito.
Guardandosi allo specchio, tutte le mattine appena sveglia. E tutte le sere, prima di addormentarsi. 101 giorni che si sarebbero trasformati in 101 mattoni. Per formare le fondamenta di un nuovo edificio. Una nuova persona. Che avrebbe fatto notizia. Che avrebbe ispirato a crescere e migliorare anche gli altri. Tutti quelli che le stanno vicino. Come Daniel, il ragazzo delle pulizie, ed il suo amico ragnetto.
Mariam è giovane. E oggi inizia una nuova giovinezza. Basta cambiare il punto di vista per poter guardare ad un nuovo mondo. Sembra un nulla. Un fatto di poca importanza. Ma quanto basta per ripensare completamente al significato della propria vita. Come se una grande tela, che riprende la tua attuale prospettiva, si squarciasse. Tu stesso l’hai bucata. Ed inizi a vedere qualcosa di nuovo. Di interessante. Di vivo. Un orgasmo dei sensi, che illumina gli errori fin qui commessi.
A Daniel sembra di aver lanciato un messaggio ruvido. Asciutto. Degno di una locandina di giornale di provincia. Invece si tratta di un missile a lunga gittata, che colpisce in pieno il suo bersaglio. Carico di offerte votive da scarificare a qualche divinità. O magari al sole o alla luna. Daniel è contento di quello che sta facendo. Più che un lavoro, quello al Beauty Medi, è una vacanza.
6
Un’altra serata di lavoro sta per iniziare per Daniel. Camminando a passo calmo e sicuro, sorseggia dell’acqua da una bottiglia in plastica. Si avvicina ad un cestino per rifiuti per gettare il contenitore vuoto quando realizza un pensiero tanto semplice quanto illuminante. Lui ha pagato quella bottiglia 20 centesimi al supermercato di quartiere. In un ristorante, la stessa bottiglia costa dieci volte di più. E magari venti volte di più in un aereo, dove è vietato portare acqua da fuori. Insomma, il valore di un bene, e di una persona, dipende dal luogo dove si viene a trovare. O dove si posiziona intenzionalmente.
Per ora, Daniele è grato della possibilità di poter frequentare il Beauty Medi. Anche se già sa che si tratta solo di un posto di passaggio. È da qualche altra parte che può esprimere al massimo il suo valore. La gratitudine è la via principale al benessere, perché tiene lontano lo stress. Anche per questo Daniel è grato tutte le sere di entrare al centro e poter aiutare qualcuno.
La giusta intesa tra le persone assicura che una relazione possa crescere e migliorare nel migliore dei modi. Aspettare che sia l’altro a cambiare è la migliore ricetta per portare al fallimento ogni relazione. Daniel è cosciente di questa realtà. Idealmente si immagina come un cuscino, per le teste ed i colli stanchi. I cuscini migliori sono quelli che meglio si adattano. Tutti amano i cuscini comodi, e nessuno desidera dei cuscini duri e maleodoranti.
Incontrando tante persone che hanno voglia di cambiare e migliorare, Daniel riesce ad essere come il sale per una pietanza: esalta il sapore. Chi entra nel centro sa di essere nato per vincere. A modo suo, Daniel aiuta a preparare un piano per la vittoria; aiuta a preparare alla vittoria; aiuta ad aspettarsi la vittoria. Aiuta a spiccare il salto verso le stelle. Verso altri mondi. A modo suo, Daniel si aiuta a mettersi in salvo, aiutando altri a mettersi in salvo. Con un’eleganza che è tutta sua. Informale. Curata.
Stranamente, questa sera, al centro non c’è nessuna cliente in attesa. Nessun detenuto dai propri pensieri. Nessuno che si lamenti e che si pianga addosso rivendicando un posto nel mondo, senza fare niente di importante per ottenerlo. Entrando nella sala d’attesa, il vuoto quasi blocca il respiro. Come un attacco d’asma che toglie il fiato. Indossando il camice gli sembra di indossare un elmetto da cantiere. Bianco. Intenso. Uno di quelli di rappresentanza. Che mai ha visto il vero lavoro.
Daniel attraversa la sala d’attesa vuota, come se fosse una passerella che porta al mare, scavallando degli scogli proibitivi anche per i ragazzini più esperti. Quel vuoto è quasi oppressivo. Punitivo. Una penitenza per qualcosa che non andava fatto. Una visione desolata e affascinante allo stesso tempo. Come il mare d’inverno. Sotto il camice, sotto l’elmetto, Daniel si sente completamente nudo. In veglia. Aspettando l’indomani, per poter incontrare la prossima musa: una persona da aiutare.
Questa sera un po’ strana è da intitolare alle riflessioni. Quelle profonde. La sala d’attesa vuota è come uno strano miracolo, che ti coglie senza cercarlo. Che ti apre ad una nuova conoscenza. A nuove riflessioni. Conoscenza e riflessioni che nascono dal profondo del suo cuore: interiorità intima e remota. La sala d’attesa vuota è in tutto e per tutto un cancello da attraversare, per vedere la realtà da un nuovo punto di vista.
Semplice da stare tutto in un foglio per appunti: se cerchi Dio troverai solo te stesso; se cerchi te stesso troverai solo Dio. Quello stesso Dio che ha lasciato sette cicche di sigaretta nel posacenere. Sigarette fumate alla fine di ogni giorno della creazione dell’Universo.
Universo che non è il ragazzo col ciuffo biondo che passeggia proprio ora dall’altro lato della strada. Non è questo ragazzo il concorrente in affari di Daniel. Non è certo lui ad impedirgli un viaggio tra le stelle. È l’intero Universo ad essere in concorrenza con Daniel. Concorrenza che si batte attirando l’attenzione di ogni persona incontrata.
Daniel indossa il camice come in un rito. Per coprire la sua maglia. La sua Supreme. Da questo momento decide di mantenere riservata la sua personalità ad occhi superficiali. La cela contro i pregiudizi di chi non accetta o non capisce il valore della diversità.
Da bambino amava giocare in un bosco vicino casa, su un altopiano in Turchia. Lui vuole essere come gli alberi, che mantengono celate a tutti le proprie radici, per poter svettare alti ed imponenti. E più le radici sono profonde e più l’albero svetta. Daniel vuole assomigliare ad un albero, che decide cosa celare e cosa mettere in mostra. Daniel vuole decidere come attirare l’attenzione dell’Universo, stabilendo cosa mettere in vetrina. La riservatezza è l’oasi dove Daniel trova ristoro. Dove sazia la sete di pace e tranquillità. Arrivare all’oasi non è una cosa semplice, perché posta nel mezzo del deserto. L’acqua è tanto più buona e fresca, quanto più è duro e doloroso il viaggio nel deserto. E ogni viaggio è impegnativo, perché consuma l’unica vera risorsa dell’uomo sulla Terra: il tempo.
La giornata di Daniel al Beauty Medi è solo la punta di un iceberg. Ciò che è celato sotto il pelo del mare è tutta la sua vita. Che desidera essere piena di successo e felicità. Non scagliatevi in facili giudizi. Fate attenzione alle parole che state per pronunciare. Daniel non ha intenzione di scambiare quello che ha sotto il pelo dell’acqua per soddisfare un vostro bisogno istantaneo.
Forse la giornata di Daniel vi potrà sembrare umida ed ordinaria. Ma aspettate per poter giudicare la sua intera vita.Il sacro è celato, proprio come le nuvole cariche di pioggia celano il sole.
Daniel è libero nel momento in cui ha scelto di vivere ben al disotto delle sue possibilità. Crede così di chiedere scusa a se stesso per la vita passata, cambiando il proprio comportamento. Crede così di disegnare un nuovo futuro, a tinte calde. Un lungo legame tra il cuore e le radici piantate nel terreno.
7
Non esistono serate inutili al Beauty Medi. Daniel lo sa bene. Anche se, qualche volta, ha l’impressione di essere una persona completamente anonima. Senza un volto definito. Ma riconosciuto solo per gli abiti che indossa. Questa sera, prima di entrare al centro, si ferma sulla soglia del portone d’ingresso. Respira profondamente. Sa di essere libero. Sa che per lui, la missione al Beauty Medi è importante. Ed è per questo motivo che si dedica a trovare un modo per aiutare le altre persone. Sa che userà se stesso come strumento della sua missione.
Mentre Daniel è ancora fermo con gli occhi chiusi, Medea, la cliente delle otto, gli passa di fianco per superarlo. La ragazza porta con sé due rose, una gialla e l’altra violetta, che ha comprato da un ambulante durante il tragitto da casa al centro. Le ha comprate perché le ha trovate stupende. Le ha comprate per festeggiare il traguardo raggiunto dopo solo un anno di lavoro come fotografa. Salendo le scale sa già che darà le rose a Rusa e Mari, le due titolari. Sono brave e meritano questo ed altro ancora.
“Vi prego, accettate questo piccolo dono. Portatele a casa con voi, questa sera”. Questa scena, agli occhi di Daniel, sembra fuori dal comune. Un gesto di vera stima nei confronti di due persone che si impegnano tutti i giorni per rendere migliore l’aspetto degli altri. A Daniel sembra di assistere a questa scena da fuori. Da lontano. Come un vecchio barone che assiste al lavoro dei contadini dal balcone del palazzo nobiliare.
Daniel si controlla per non dare altre interpretazioni alla scena che sta guardando. Si concentra sull’unico “sì” presente in una miriade di “no”. Daniel ringrazia per l’opportunità che sta vivendo, per l’occasione di assistere a questa scena.
Negli occhi di Medea, legge però un senso di oppressione. C’è una velatura che sembra oscurare la lucentezza del gesto nobile. Medea sembra non accettare pienamente i risultati ed il successo come fotografa. Le manca la capacità di guidare se stessa, i suoi superiori, i suoi pari. Non riesce quindi a trasmettere questa capacità attraverso i suoi scatti.
Le rose vengono messe in un bicchiere con dell’acqua, per evitare che appassiscano. Il dono è stato apprezzato come gesto autentico e liberatorio. Che non ha l’intenzione di catturare in modo meschino e opportunistico la benevolenza delle titolari. Daniel si muove sulla scena delle tre donne come un fantasma. Senza essere visto, ma solo percepito.
Negli occhi di Medea si vede lo stesso cielo, velato dalle alte fronde degli alberi, che si vede in alcune sue foto. Daniel vuole fare una prova. Vuole relazionarsi con Medea, nella stessa maniera in cui un maestro si relaziona con un allievo bambino. Vuole mettere in risalto la capacità di Medea di apprendere velocemente.
Daniel indossa la divisa da lavoro, proprio come se indossasse il kimono da maestro. Un piccolo rituale che assume un grande significato simbolico: è ora diventato il leader della sessione privata. Quella che è iniziata quando Medea si siede per attendere il suo turno. Una piccola finestra si è aperta in un muro di massi.
Daniel e Medea stanno per andare in orbita, come due cosmonauti in viaggio in una navicella spaziale. Questo viaggio, ovviamente metaforico, ha lo scopo di svuotare la cisterna che Medea ha riempito con idee sbagliate.
Daniel parte dalla prima, che è abbattuta come si fa con gli animali malati. Medea confonde il ruolo di leader con quello di capo. Daniel la prende per il verso giusto, chiedendole di spostarsi di posto per poter pulire la poltrona dove è seduta. Daniel lo fa da vero leader, senza usare il piglio del capo. Dimostra empatia verso Medea, scusandosi per la richiesta, ché spostandosi di posto gli avrebbe fatto risparmiare tanto tempo nel suo lavoro.
L’onestà di Daniel rimuove un blocco che tiene Medea ancorata a cattive abitudini. E per un’abitudine che muore, un’altra, migliore, viene costituita: la Natura riempie i vuoti.
Medea inizia a capire che c’è un nuovo e migliore modo di governare le sue emozioni. I suoi pensieri. Un nuovo modo di guardare attraverso l’obiettivo della macchina fotografica. Di certo, l’incontro tra Daniel e Medea non è una coincidenza. Così come non lo è stato per le altre clienti delle otto. La sala d’attesa con solo due persone, intrappolate come due banane in un frullatore. E che riescono a scappare grazie alla determinazione e alla tenacia, in questo caso, di Daniel.
Medea ha capito una cosa importante, questa sera. E quando altro poteva capitare? Che per essere una brava fotografa non ha bisogno di tante macchine fotografiche. Che per allineare occhio, cuore e cervello basta anche uno smartphone. Che, in realtà, i suoi acquisti in attrezzature costose, sono solo un sintomo di debolezza. Di insicurezza.
Dandosi un colpo alla nuca, realizza di sentirsi fuori posto. Proprio come un abete tagliato, per essere addobbato in una piazza a Natale. Medea realizza che alcuni aspetti della sua vita sono solo apparentemente moderati. Mentre, in realtà, dovrebbero essere decisi e marcati. Un nuovo paesaggio le si presenta ai suoi occhi. Qualcosa è rimasto com’era. Altro, buffo ed inaspettato, è apparso dove meno se lo aspettava.L’abete sradicato sta ritornando nel suo bosco, insieme ai pini di montagna. Per fortuna la vita non ha un manuale. E non c’è un navigatore per indicarti sempre la via giusta.
Purtroppo può capitare che diventi difficile. Ma Medea, ha capito che non deve lasciarsi spezzare. Che deve sempre andare avanti. Lezione importante quella imparata questa sera. Se non vuole essere guidata, deve essere lei a guidare. Medea, da stasera, è l’artefice della qualità della sua vita. Medea, da stasera, è sull’orlo di una nuova vita.
Questa sera ha veramente capito il valore della leadership. Ha capito che, da sola, non potrà mai andare lontana. Eventualmente andrà veloce, ma non lontano. Dimostrare la propria vulnerabilità togliendo la maschera della perfezione, non la spaventa più. La strada verso il rustico di campagna sarà piena di pensieri. Tanti quanti sono i ciottoli in riva al mare.
8
È passato un mese circa da quando Daniel ha iniziato a lavorare al Beauty Medi. Questa sera si guarda indietro per valutare quanto sia migliorata la sua vita. Ora ha capito che merita solo il meglio. Per se stesso e per gli altri. Per tutte le clienti del Beauty Medi che sono passate come i personaggi di una saga fantasy.
Come tutte le sere, Daniel va al lavoro a piedi. Camminare aiuta a pensare. Aiuta a delimitare l’area di interesse della sua mente. La mantiene concentrata. La nutre di contenuti di qualità. Spesso divertenti, come fare un pezzo di strada con Mari ed il suo cane Astra. Mari è la cliente delle otto. Astra il suo amico fidato.
Il breve tragitto è completamente riempito dalla vivacità del cane, che non smette di saltare e di attirare l’attenzione con i suoi buffi versi. Non è necessario aguzzare l’ingegno o i sensi. Il rapporto tra Mari ed Astra è specchio del rapporto tra Mari e chi le sta intorno. Mari ed Astra entrano poco prima di Daniel nell’androne. Prendono l’ascensore senza aspettarlo. Ci sono quindi due rampe di scale per meglio pensare.
Mari è un’artista. Si definisce creatrice digitale. È la migliore di tutta Tbilisi. Abita in una cascina di campagna, con il suo cane Astra. Ragni, grilli e lumache sono compagni occasionali. È al Beauty Medi perché frequenta il corso di yoga. Come dire, fare sport in gruppo senza fare sport di squadra. Mari ha perso ogni contatto con la sua famiglia, scegliendo di essere giudicata per il suo cambiamento, invece di essere celebrata per la sua crescita.
A Mari serve una semplice tattica per riprendere il controllo della sua vita, levando il timone dalle mani del suo ego. Daniel si prefigge un obiettivo per Mari, da raggiungere entro la fine del prossimo week-end. Come in una caccia al tesoro, Mari dovrà in poche ore bendare gli occhi del suo ego.
E come in un gioco, guidarlo diritto e diretto al bidone della spazzatura. “Siamo arrivati?” chiede l’ego. “Ci siamo quasi” risponde Mari. E poi un grande rumore: Baam. L’ego che cade nel cassonetto vuoto, dal quale poi spuntano solo le gambe rivolte verso l’alto. Ed un cartello di avviso: non salvate il mio ego da questo cassonetto.
Daniel e Mari rimangono soli nella sala d’attesa. Lui per pulirla. Lei in attesa della lezione di yoga. È un silenzio quasi imbarazzante a fare da ombrello alle bombe lanciate dall’artiglieria capitanata dall’ego di Mari. Quello che serve è un vaccino contro l’ovvio e lo scontato.
Un vaccino che allontani tutti quelli che vogliono soltanto controllarti. Per renderti come uno spaghetto uguale a tutti gli altri del pacco. Un vaccino che aiuti a risolvere i rebus. A ricomporre il puzzle della vita. Una tessera dopo l’altra. Un riquadro di fianco all’altro.
Come tante foto tessera in bianco e nero, fatte davanti lo schermo di vetro della macchina automatica della stazione della metro. Foto che compongono un mosaico di ricordi. Di amicizia. Il silenzio è interrotto dal bip di un telefono. Forse un promemoria. Una sveglia per Mari: cos’è quella cosa che non ricordo che mi fa stare male?
Niente di più di un’illusione. Un falso ricordo. La luce delle stelle riflesse su uno specchio d’acqua. Una doccia fredda che risveglia Mari dal torpore nel quale si è adagiata da troppo tempo. Lei è l’unica a dover controllare il suo corpo ed i suoi pensieri.
L’ego rimane appiccicato a Mari, come il fidanzato è appiccicato alla fidanzata quando sono follemente innamorati. In assoluto non sarebbe una cosa dannosa, se non fosse per il dosaggio. Un po’ di vino fa anche bene, ma berne troppo fa decisamente male.
Finora, Mari ha sempre creduto che aiutare gli altri volesse dire non aiutarsi. Finora, appunto. Quando ha preso l’ascensore, senza aspettare Daniel, ne ha visto lo sguardo sorridente tra i battenti chiudenti. Ora lo vede lavorare sorridente, mentre tiene pulito il Beauty Medi.
Due eventi tra di loro collegati che hanno spianato una nuova via per Mari. Se potesse tornare indietro nel tempo, avrebbe premuto il tasto per tenere le porte dell’ascensore aperte. Inizia a farsi strada da qualche parte, tra il cuore e la mente, l’idea che il talento artistico debba avere uno scopo. Quello di aiutare gli altri. La sua arte deve ispirare e aiutare gli altri ed essere creativi e felici. Trovare il modo giusto sarà solo una questione di dosaggio.
Mari non ha bisogno di assistenza per capire come cambiare. Per non morire senza aver prima abbattuto il muro che la separa dagli altri. Per convertire gli sconosciuti in amici. Per aiutare i suoi amici a salire di un livello. Almeno uno ogni giornata.
Perché non iniziare proprio adesso? Mari chiede a Daniel di potergli scattare qualche foto mentre lui lavora. Spiega che è una fotografa e che deve fare qualche prova di foto al chiuso con luce artificiale. Daniel intuisce l’intento di Mari: usare l’arte e la fotografia per portare in superficie la parte migliore degli altri.
Daniel vorrebbe urlare dalla gioia, proprio come allo stadio si urla per il tifo della squadra del cuore. Otto semplici scatti per iniziare a prendere seriamente la vita. Otto semplici scatti che trasformano gli scarti, seppur buoni come un wurstel, in materia prima, come un calice di prosecco.
Sette passi tra gli otto scatti. Sette passi di ferrea disciplina che hanno il potere di cambiare la vita. Perché ogni momento è buono per cambiare in meglio la propria vita.
Volendoli ordinare, ci sono giorni migliori di altri. Quando Mari ringrazia per le foto, Daniel capisce che oggi sarà un giorno migliore. Per se stesso e per Mari. Oggi è stato un giorno utile. Per Daniel e Mari.
Oggi è stato il giorno in cui Mari ha preso la decisione di costruirsi una vita migliore. Guardando il grembiule da lavoro di Daniel, Mari sa che non avrà nostalgia di ciò che era. Aiutare gli altri è la più semplice ed efficace strategia per vivere una vita migliore.
Daniel non ha bisogno di essere un segretario di partito. Non ha bisogno di travestimenti. Mentre Mari lo lascia per la lezione di yoga, come una madre lascia un figlio quando gli vuole bene, Daniel sente di essere in realtà l’abitante di un altro pianeta. Daniel sente di essere in grado di convertire semplice speranze in piani d’azione semplici ma efficaci. La sua energia dice molto di più di quanto possano le parole.
9
Dall’inferno si può uscire. Ci sono tante strade che portano fuori. Qualcuna anche presidiata da angeli e demoni. Ognuno, a modo suo, ha contribuito a rendere produttivo il viaggio nel regno che poi, ad un certo punto, si è trasformato in un Paradiso.
L’esperienza di Daniel al Beauty Medi sta terminando. Perché è giusto così. Perché altre sfide lo attendono. Perché ora è pronto ad utilizzare le lezioni apprese in altro modo. Perché tanti successi, tante persone aiutate, sono solo frutto di preparazione.
Daniel forse ha tanti buoni motivi per non partire. Per rimanere a Tbilisi. Per rimanere al centro. Per continuare ad aiutare come sta facendo. Ma la sensazione di essere da troppo tempo nella sua comfort zone è forte. È arrivato il momento di fare ordine nelle sue priorità. Di togliere la maschera di inserviente delle pulizie, ormai logora, consunta, buffa. Disposto ad indossarne un’altra che abbia senso. Disposto a migliorarsi ancora. Le virtù apprese quelle rimarranno. Le buone abitudini che hanno portato Daniel ad essere una persona nuova.
L’incontro con Mari e Rusa non è stato un caso fortuito del destino. Rispetto l’eternità dell’animo umano, un incontro durato il tempo di tre parole. Con un po’ di imbarazzo. Con devozione per l’occasione importante.
L’esperienza vissuta con Mari e Rusa è stata dolce ed orecchiabile, come può esserlo una filastrocca per bambini. Esperienza terminata, così come terminano le filastrocche per bambini. Nessuno dei secondi spesi al Beauty Medi può essere considerato maledetto. Forse rischiosa per l’appannamento della vista in qualche caso particolare. Ma mai maledetto.
Daniel è sempre stato proprietario della sua libertà. Della volontà di fare bene facendo del bene. Senza mai perdere il controllo, anche quando gli sembrava di guidare un’auto sportiva sulla neve. Daniel ha ora ricevuto la conferma che, in un modo o nell’altro, ogni individuo incontrato ha sempre qualcosa da insegnare. Ogni incontro dà l’opportunità di tenere in movimento il dolce nettare della creatività.
Daniel è ora cosciente di aver portato a terminare un compito. Un compito importante. Il suo compito. È in metropolitana, nel suo ultimo viaggio verso il Beauty Medi. Una mamma con i suoi due figli è seduta proprio di fronte. L’amore incondizionato è evidente. Lampante. Ma quanti lo notano, apprezzano, ricordano?
Del bene fatto da Daniel, in quanti hanno notato, apprezzato, ricordato? Quanto è giusto e morale considerare la vita una mucca da mungere? Si può solo prendere, senza niente dare?
Daniel riesce a dare una risposta a queste domande un po’ scomode. Ci riesce perché ha tracciato una direzione. Un cammino. Dei valori su cui fondare la sua vita. Passo dopo passo. Giorno dopo giorno. Al servizio di chi ne ha bisogno. Di chi vuole ascoltare. Di chi è disposto ad accettare un aiuto, anche se non proprio ortodosso.
Come il figlio che accetta il consiglio del padre. Come il figlio che sorge dirompendo dal ventre della madre. In un disegno fatto da chiazze di inchiostro, linee ed ombre.
Davanti l’ingresso del Beauty Medi, fermo a guardare l’edificio nella sua completezza, un altro potrebbe vedere solo un mucchio di mattoni. O il mutuo ancora da pagare. O semplicemente un centro estetico.
Quello che vede Daniel è, invece, un investimento. Una opportunità unica che ha saputo cogliere. Uno strano sentimento insorge per farsi spazio nei pensieri del ragazzo. Si sente come un gatto follemente attratto dalle palle di vetro di un albero di Natale. Un sentimento che avvolge la mente in una nuvola di indecisione. Un’insonnia che tiene svegli nel letto con gli occhi completamente sbarrati, e l’orizzonte popolato da pecore numerate.
L’ingresso in cui è fermo diventa di colpo un’isola deserta. Lui naufrago che chiede aiuto ad una nave in lontananza. Ed un’unica motivazione: quella di non fermarsi. Di non poter essere fermato, perché circondato solo da chi crede in lui. Di poter fare tutto quello che riesce ad immaginare. Tanti film, tutti diversi, ma che piacciono alla stessa maniera perché raccontano di cose vere.
Non si può essere troppo fiscali nella vita. Qualche volta bisogna celarsi. Mascherarsi. Mascherare le proprie emozioni, che mal gestite, possono costare care. Daniel sa bene adeguarsi alla vita, indossando grandi occhiali da vista. Vivendo la vita di un ipotetico gemello, sconosciuto ai viandanti. Sconosciuto ai clienti del Beauty Medi.
Ma trasparente all’anima di ogni viandante e di ogni cliente. Anima immortale. Che non muore mai. In attesa, come un cane sullo zerbino, del rientro del padrone.
Uscendo dal Beauty Medi, Daniel non è più un burattino. Non è più vittima di forze esterne. Di false etichette. Daniel è ora pronto a dipingere solo una lunga serie di ritratti, tra finzione e realtà. Con un ideale pugnale, è ora pronto a fare incredibili scoperte, al limite della realtà e della conoscenza. Follemente eccitato per la vita che si apre al futuro.
Questa sera è l’ultima sera a Tbilisi. Questa cena è l’ultima cena a Tbilisi, consumando la zuppa dell’amico Cohen. In quel che ha fatto, Daniel ha costruito delle solide fondamenta, basate sull’innovazione.Basate sulla spinta incessante di rompere lo status quo. Di sviluppare in modo nuovo.
Come un maniaco, Daniel ha osato visitare i luoghi dove in pochi osano andare. Un pezzo alla volta. Un passo alla volta. Un sogno alla volta. Nel fisico. Nella mente. Nell’amore.
Questa sera la vita appare come uno zoo. Con tante gabbie. Quelle piene, degli anni passati. Quelle vuote, con gli anni ancora da trascorrere. Quelle vuote servono per guardare davanti. Quelle piene contengono animali magnifici. Fantastici. Con anche qualche rimpianto, per qualcosa che poteva essere fatto meglio. Tutte assieme, le gabbie piene e quelle vuote, disegnano uno stile unico e distintivo.
In alcune gabbie ci sono e ci saranno giorni brutti. Quelli che hanno un colore distintivo: il nero. Al Beauty Medi ha imparato ad accettare anche quei giorni. Quelle in cui dove deve amarsi di più.
Nell’orto della sua vita, Daniel vuole continuare a piantare i migliori ortaggi anche se crescono le peggiori erbacce. L’amore per se stessi funziona come un vaccino contro le erbacce della vita. Contro le maschere che mai conviene indossare, perché pesanti di odio e dolore.
Questa sera Daniel saluta Tbilisi cosciente del fatto di essere arrivato senza particolari aspettative. E di andare via con una nuova ispirazione. Una nuova coscienza di se stesso. Un nuovo aspetto. Una nuova figura. Un nuovo modo di meditare nella posizione del loto, in tre distinte figure. Dal passato. Nel presente. Al futuro.
Andando via, Daniel non intende ritirarsi dalle sue nuove responsabilità. Aiutando le clienti delle otto, ha anche aiutato se stesso a trovare una nuova normalità. Di certo questa non è una sventura, ma anzi l’inizio di un nuovo cammino, sgombro da ogni buccia sulla quale rischiare di scivolare. Il peso delle responsabilità è un vago ricordo. È lontano. Il sonno è dolcemente alleviato da un leggero lenzuolo. Ed è proprio un bel dormire.
L’alba di un nuovo giorno è arrivata. Daniel sente di dover obbedire solo a se stesso. Perché nessuno verrà a salvarlo. Non sta scappando ma solo crescendo. Evolvendo. Il destino è buono con lui. Ha deciso di affiggere il suo volto tra gli eroi, perché possa essere di esempio ed ispirazione per chi ne ha bisogno. Buona fortuna Daniel.