Racconto strambo — Sul surf in equilibrio
I miei pensieri sono come dei fiammiferi, perché basta appena sfregarli per provocarne l’accensione.
In primavera, passeggiare in Corso Garibaldi a Milano è un vero piacere. Gli ombrelloni aperti, le bici ATM parcheggiate da una parte, gente di varia estrazione che passeggia insieme per il classico aperitivo milanese. Quasi stavo per compatire la gente accalcata davanti ad un negozio di musica. Sono molto critico con certi generi musicali, perché non mi risuonano dentro. Il rumore che sentivo uscire dal locale e che faceva ballare la piccola folla lo trovavo fondamentalmente insopportabile. Una tavola da surf appoggiata nella vetrina richiama però la mia attenzione e la mia curiosità. La forma affusolata ed i colori brillanti sono stati per me delle vere calamite. Per associazione di idee, in pochi secondi, ero arrivato alla conclusione che non sapevo andare sul surf e che fosse mi sarebbe piaciuto andare. Mi sentivo insufficiente rispetto a questa mia mancanza, che sentivo di dover calmare.
L’idea di imparare ad andare sul surf mi ha lasciato prima di addormentarmi e mi ha ripresto al risveglio. Non ricordo, ma sono certo di aver fatto qualche sogno legato al surf. Dopo il caffè del mattino mi ritrovo sulla tazza del bagno e con la fantasia visualizzo il mio nuovo “me” che cavalca le onde del mare. Interrompo forzatamente le mie visualizzazioni per riprendere la mia routine mattutina, ma il retropensiero non si ferma. Sento di poter andare a picco se non trovo la strada per realizzare questo nuovo desiderio. Ma sono veramente sicuro di quello che voglio? Prima di uscire di casa prendo l’asse da stiro, che con la sua forma richiama una tavola da surf, la stendo sul divano del salotto e ci salgo sopra. Pensavo fosse semplice, ma il mio senso dell’equilibrio deve essere già uscito. È difficile trovare la stabilità necessaria per rimanere in piedi senza cadere per più di tre secondi.
Compiaciuto, rimango a fissare la mia nuova casa vicino al mare. L’allenamento col surf è impegnativo. Richiede costanza. Vivendo in centro a Milano, avrei potuto far pratica solo nei giorni di ferie dal lavoro. Decisamente poco. Ripensando alla mia vita prima del trasferimento, la vedo solo a toni di grigio, mentre ora c’è l’azzurro del mare e del cielo. A difesa del vecchio io, erano dei grigi comunque interessanti. Dai contorni ben definiti, si potrebbe dire. Forse devo ancora aggiustare qualche dettaglio della mia vita, ma sento di essere sulla strada giusta. Sistemata la casa devo pensare al surf e trovare un buon istruttore. Qui in zona ce ne sono tanti, quasi ad ogni curva della strada costiera. Mi sento che andrò dal tipo chiamato Pitone Giallo. Ho trovato una matita appuntita proprio nel vialetto d’accesso e sento di interpretarlo come un buon segno.
Enrico, conosciuto come Pitone Giallo, oltre ad essere un maestro di surf è anche un maestro di vita. Con il suo aiuto avrei saputo trovare un equilibrio nuovo, nella vita come sulla tavola da surf. Il suo motto è “Concentrati sulle cose importanti”. La baracca fronte mare dove tiene i suoi corsi sembra il luogo ideale dove imparare a crescere. Un bancone dove far manutenzione delle tavole, qualche tavolo e sedie dove raccogliere i suoi allievi, sempre molto pochi, ed una spalliera dove sono riposte delle bottiglie di vino. In questo posto so già di dover concepire il mio nuovo io. Tra queste bottiglie di vino e le tavole da surf deve nascere una nuova persona. Enrico mi fece la prima lezione, anche un vero e proprio test psico-fisico. “La cosa importante su cui dovrai concentrare la tua attenzione è sviluppare il senso dell’equilibrio”. La perplessità stampata sul mio volto è evidente. Aggiunse: “Prima di stare in equilibrio sulle tue gambe in mezzo al mare dovrai stare in equilibrio in mezzo alle onde dei tuoi pensieri”.
La prima lezione con Enrico mi ha spinto verso una sola cosa: trovare un posto dove essere lasciato in pace. La bottiglia di vino che mi ha dato, articolo molto interessante per quanto ne capisco, mi ha aiutato nella mia discesa verso i meandri della mia mente. La fama del Pitone Giallo è ben meritata. I miei pensieri sono come dei fiammiferi, perché basta appena sfregarli per provocarne l’accensione.
La tavola che uso per allenarmi ha una stampa che richiama la bandiera americana. Per me è come un simbolo atomico. Indivisibile. Averlo sotto i piedi ha reso più mite la forza del mare, che ora ricambia donandomi la capacità di trovare l’equilibrio che mi manca. Il mare è diventata la mia musa.
Finalmente faccio parte di una minoranza di valore. Posso ora dire di aver imparato ad andare in surf, in mare aperto. Le lezioni che ho imparato sul fallimento sono tre, che valgono nello sport come in tutti gli aspetti della vita. Imparare ad andare sul serf non è affatto semplice. Ho aspettato con pazienza il mio turno e, non vedendolo arrivare, sono andato a reclamare per il ritardo. Sono caduto tante volte dalla tavola, imparando che il fallimento non ammazza. Ho perso tante volte l’onda giusta, imparando che non è la fine del mondo. Tutte le volte che sono caduto mi sono rialzato. Tutte le volte che mi sono perso ho ripresto a cercare. Tutte le volte che ho fallito ho appreso una lezione. Ora sono pronto a diffondere questa importante lezione. Che le giornate non finiscono mai grigie. Che l’azzurro del cielo e del mare sono sempre disponibili per chi li sa cercare. Che fallisce solo chi decide di non riprovarci un’altra volta.